Il Parco culturale dell’Ariosto e del Boiardo è un percorso che si snoda nel territorio reggiano toccando i luoghi che hanno ispirato le opere di due straordinari autori, Ludovico Ariosto (Reggio Emilia 1474 – Ferrara 1533) e Matteo Maria Boiardo (Scandiano 1441 – Reggio Emilia 1494), che hanno lasciato una traccia indelebile nell’estetica letteraria e nella storia della poesia. L’itinerario, da percorrere in parte a piedi in parte in auto (o in bicicletta), inizia a Reggio Emilia e fa tappa a Scandiano e Albinea, prima di terminare nel comune di Canossa.

Case Malaguzzi – Reggio Emilia

Il percorso parte dal centro storico di Reggio Emilia. All’angolo tra Via Palazzolo e Vicolo delle Rose, a pochi passi da Piazza Camillo Prampolini, ci sono due case dei Malaguzzi, ricca e influente famiglia reggiana a cui apparteneva Daria, la madre di Ludovico Ariosto. Sulla facciata una vecchia targa recita: “Qui era la casa dei Malaguzzi, famiglia materna dell’Ariosto. Rimane di originale l’angelo con lo scudo”. I Malaguzzi avevano anche una casa all’angolo tra Via del Cristo e Via Fornaciari, in cui si suppone possa essere nato il poeta.

Parco della Cittadella – Reggio Emilia

Si prosegue poi per i Giardini Pubblici (conosciuti pure come Parco del Popolo), nella cui area un tempo si ergeva l’antica Cittadella, un castello fatto costruire dai Gonzaga a partire dal 1339 come sede del potere signorile. Qui Matteo Maria Boiardo fu capitano della sede reggiana del Ducato estense. E sempre qui potrebbe anche essere nato Ludovico Ariosto, in quanto il padre all’epoca era comandante della guarnigione di Reggio. Nel parco, non lontano dal Monumento ai Concordi, sono collocate le statue dei due poeti, realizzate nel 1916 dallo scultore reggiano Riccardo Secchi.

San Maurizio – Reggio Emilia

In località San Maurizio, a pochissimi chilometri dai Giardini Pubblici, un arco trionfale in cotto introduce al complesso monumentale del Mauriziano, la villa di campagna dei Malaguzzi. Ariosto vi trascorse periodi di amena villeggiatura, poi ricordati nelle Satire: “Già mi fur dolci inviti a empir le carte / li luoghi ameni di che il nostro Reggio, / il natio nido mio, n’ha la sua parte. / Il tuo Mauricïan sempre vagheggio, / la bella stanza, il rodano vicino …”. Tra gli ambienti dell’edificio, quelli che più attirano l’attenzione sono il Camerino degli Orazi e Curiazi, il Camerino dei Poeti e il Camerino dell’Ariosto. Le stanze presentano affreschi cinquecenteschi raffiguranti scene d’amore, di caccia, paesaggi e figure di letterati e poeti.

Rocca dei Boiardo – Scandiano

Lasciata Reggio Emilia, il percorso prosegue a Scandiano. La Rocca (detta “dei Boiardo” perché qui nacque, visse e governò l’autore dell’Orlando innamorato) è un monumento di grande valore storico e culturale. Fatta costruire nel XIV secolo dalla nobile famiglia dei Da Fogliano come luogo di difesa, fu poi trasformata in dimora signorile dalla famiglia Boiardo ed infine in palazzo rinascimentale dai marchesi Thiene e dai principi d’Este. L’edificio si presenta oggi come un’affascinante stratificazione di stili architettonici: medioevale, rinascimentale, barocco e moderno. L’ambiente artisticamente più pregevole è l’Appartamento Estense, modificato nella sua veste attuale agli inizi del XVIII secolo.

Castello della Torricella – Ventoso di Scandiano

Il Castello della Torricella, detto anche la Torricella o Castel Cugini (dai suoi attuali proprietari), sorge sulle colline sovrastanti la frazione di Ventoso (3 km a sud di Scandiano). Edificato nella prima metà del XIV secolo dalla famiglia dei Da Fogliano, fu trasformato nel secolo seguente in dimora estiva dai Boiardo. Tradizione vuole che Matteo Maria Boiardo abbia composto qui parte dell’Orlando innamorato. Nel 1863, ormai ridotto in pessime condizioni, fu venduto al professor Prospero Cugini, che ne affidò la ristrutturazione all’architetto reggiano Pietro Marchelli, il quale riportò la costruzione alle sue originarie sembianze di fortificazione medievale.

Il Tresinaro – Scandiano

Boiardo ha citato più volte il torrente Tresinaro che “bagna le terre di Scandiano ed Arceto e mette foce in Secchia presso Rubiera”. Probabilmente ispirò i versi “Come di verno, nel tempo guazoso, / giù de un gran monte viene un fiume in volta, che va sopra la ripa ruinoso, / grosso di pioggia e di neve disciolta: Cotal veniva quel re furioso, / con ira grande e con tempesta molta …”. Boiardo lo nomina nella seconda egloga latina e nelle lettere assieme al Riotorto, al Canale di Secchia e al Crostolo.

Chiesa di Santa Maria dell’Uliveto – Montericco di Albinea

Proseguendo sulla Via Pedemontana si raggiunge Montericco (frazione del comune di Albinea), dove è situata la Chiesa di Santa Maria dell’Uliveto. Nel 1506 Ariosto, che aveva ottenuto gli ordini minori e quindi lo status di chierico, ebbe in rendita la parrocchiale ma una controversia col conte Ercole Manfredi lo indusse a rinunciarvi. La chiesa, risalente ad un periodo precedente il X secolo, conserva ancora all’interno la struttura medievale. Nel catino absidale si può ammirare un importante affresco raffigurante la Madonna che troneggia su un’immensa nuvola.

Monte Jaco – Albinea

Sempre all’Ariosto è legato il paesaggio del Monte Jaco (o Monteiatico), descritto nella sua opera, e dove soggiornò spesso nelle calde estati, ospite dei cugini Malaguzzi. Con queste parole lo cita nella IV satira: “… non mi si può de la memoria torre / le vigne e i solchi del fecondo Jaco, / la valle e il colle e la ben posta torre …”. Qui fu eretto nel 1933 un cippo marmoreo, a ricordo dei terreni che il poeta possedeva in questi luoghi.

Il Castello di Matilde – Canossa

Conclude il percorso il Castello di Canossa, il più celebre dei castelli matildici, di cui rimangono solo pochi ruderi, risalenti prevalentemente al Tardo Medioevo. Attualmente ospita il Museo Naborre Campanini, al cui interno sono custoditi alcuni pregevoli reperti provenienti dagli scavi eseguiti nel sito negli anni 1877 e 1893. Posizionato sopra una rupe di arenaria bianca, il castello è circondato da suggestivi calanchi che danno al paesaggio un aspetto quasi lunare. Dall’aprile del 1502 fino al gennaio e forse all’ottobre dell’anno seguente, l’Ariosto fu capitano della Rocca di Canossa.

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